Dove lavora il vostro marketing online? Sulle vostre squeezepage, sui vostri minisiti, sulle vostre campagne Adwords, sui risultati di Google, sulla blogosfera, nelle caselle email dei vostri clienti, su Facebook, nel vostro infoprodotto?

Niente di tutto ciò.

D’altra parte, il marketing “offline” non lavora nei supermercati, negli spot tv, nelle affissioni, nel packaging, nelle relazioni pubbliche. Nemmeno nel prodotto.

Il marketing lavora in un’area elissoidale di qualche decina di centimetri quadrati, poco piu’ grande di un piatto da minestra.

Il marketing lavora nella mente.

Se capite questo, avete capito tutto ciò che c’è da capire sul marketing. Il resto sono dettagli operativi.

Il marketing lavora nella mente. Anzi, lavora sulla mente. Lavora per influenzarla, plagiarla, ipnotizzarla.

La mente è quella dei vostri clienti attuali e potenziali. Non è diversa dalla vostra mente, così avete già tutta l’esperienza pratica necessaria per sapere come si lavora sulla mente. Perché a vostra volta siete stati influenzati dal marketing di qualcun altro.

“Oh, io non ci casco, io faccio scelte sempre obiettive”. Certo. Il buon marketing non si fa vedere, influenza in modo tale da farvi credere che siete voi a scegliere, con le vostre motivazioni. Ma non è così.

Come si lavora sulla mente: il posizionamento

L’attività che il marketing fa sulla mente si chiama posizionamento.

Il posizionamento è stato inventato da Al Ries e Jack Trout alla fine degli anni Sessanta ed è ancora oggi considerato la chiave fondamentale della strategia di marketing.

Cosa significa fare posizionamento o posizionare?

Immaginate che, per ogni categoria merceologica, ci siano nella nostra mente delle scale con 3 gradini. Prendete una categoria che vi interessa e fate questa prova: immaginate la scala con 3 gradini e ora mettete sui gradini 3 marche. Su quello piu’ alto la prima che vi viene in mente e giu’ a scendere. Le prime 3 marche (dalla quarta in avanti, non contano praticamente niente).

Fatto?

Forse sarà stato facile, magari c’erano piu’ di 3 marche e avete dovuto scegliere. Oppure magari non ce n’erano neanche 3 solo due o una. O non ce n’era nessuna e quella categoria merceologica si definisce “unbranded”. Pensate ai cetrioli, alle bare, ai palloni da spiaggia (tanto per dire le prime 3 che mi sono venute in mente). Zero marche, così se avete inventato un cetriolo che non diventa floscio quando sta troppo in frigo, potete occupare la scala “cetrioli” con tutti i vantaggi che ne derivano.

(vi fa ridere l’idea del cetriolo? E perché non vi fa ridere la banana Chiquita o la mela Marléne?)

Perchè l’obiettivo di marketing è proprio questo: occupare il gradino più alto della scala. Il primo, il leader ha solo vantaggi. Il secondo è costretto a rincorrere e il terzo deve accontentarsi delle briciole (in genere il secondo ha la metà della quota di mercato del leader e il terzo la metà della quota del secondo).

Quindi, come strategia, siate leader. Se la scala di quella categoria è già occupata, create un’altra categoria e un’altra scala e piazzatevi là come leader. Per esempio se avete un’ennesimo infobusiness sullo sviluppo personale (ne ho parlato la scorsa settimana), create una categoria “sviluppo personale per ragazze adolescenti” e come per magia sarete gli unici.

Attenzione solo a non creare categorie irrilevanti (“sviluppo personale per goriziani diabetici tifosi del Rimini che giocano a scopone scientifico il giovedì sera bevendo Fernet Branca” è una categoria rilevante).

Ora che sapete cosa dovete fare, posizionare la vostra marca, vi dovrei spiegare come farlo. Ma sarà oggetto di un prossimo articolo.

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